La posizione di Jikimyoseikan Aikido in Italia

Dall’inizio del 2013 ho avvertito che qualcosa stava cambiando dentro di me. Erano passati cinque anni da quando, nel 2008, avevo annunciato di voler riprendere l’insegnamento dell’Aikido. Durante questo periodo ho osservato il mondo dell’Aikido e ho sentito l’esigenza di chiarire il significato di Aiki no Michi Jikimiyoseikan Aikido. Per questo ho voluto incontrare nuovamente il mio Maestro di Aikido, il Maestro Hiroshi Tada, l’unico mio Maestro. Intendevo anche chiedergli scusa per aver lasciato l’Aikikai d’Italia e chiarire i tanti equivoci di quel periodo (le cui vere cause sono peraltro ancora da accertare). Volevo rappresentargli la mia reale intenzione e la mia convinta decisione di procedere nella strada dell’Aikido per il resto della mia vita. Per fare ciò sapevo che dovevo anche chiarire il mio rapporto con l’Aikikai d’Italia.

Nonostante avessi potuto incontrare il mio Maestro ogniqualvolta tornavo in Giappone, ho voluto incontrarlo in Italia. Ero consapevole della difficoltà dell’incontro pensando al ruolo, importantissimo ma anche gravoso, che ricopre il mio Maestro. Ero però convinto che la strada per il mio futuro passava attraverso questa difficoltà nel chiedere scusa. Così, un giorno di agosto del 2013, ho parlato del mio cambiamento interiore e del mio intendimento al signor Romeo Marcolini – una cintura nera di grande esperienza, che si è sempre allenato con me – e gli ho chiesto di trasmettere questo mio proposito al signor Franco Zoppi, ex Presidente dell’Aikikai d’Italia, che ho sempre considerato un aikidoka serio e che conosceva la situazione dell’Aikikai d’Italia di 17 anni fa.

E’ naturale pensare che non abbia senso parlare dopo 17 anni. Nonostante ciò volevo incontrarmi col mio Maestro e chiedere scusa a lui e a tutti i membri dell’Aikikai d’Italia ed ero pronto ad accettare qualsiasi critica e rimprovero. L’ho incontrato in un albergo a Roma. Mi sono reso conto che il mio Maestro era diventato anziano ed ero sinceramente rammaricato di non averlo potuto servire restando al suo fianco. Mi sono anche accorto di quanto il tempo era passato velocemente. Il suo viso, che parlava di tanti ricordi del passato, era però sereno ed egli ascoltava le mie parole con gentilezza e molta attenzione. Il Maestro è rimasto soprattutto sorpreso della crescita di mio figlio, che mi aveva accompagnato nell’incontro; ricordava di averlo tenuto tra le sue braccia quando era bambino e ora vedeva la sua figura di uomo, cresciuto nella pratica dell’allenamento.

Nel nostro colloquio gli ho fatto presente che il suo insegnamento è tutto incluso nella base del mio Shinkido e altresì che ho continuato a studiare quotidianamente in questi 17 anni; ho potuto così verificare che il suo Aikido è perfettamente in linea con le arti marziali tradizionali giapponesi e con la filosofia orientale. Abbiamo anche convenuto e confermato il nostro dovere di giapponesi di conservare e diffondere direttamente la nostra cultura e ho promesso di trasmettere i suoi insegnamenti alle generazioni future. Gli ho fatto altresì presente che, come professionista di Aikido, ho praticato a lungo il misogi – che lo stesso fondatore dell’Aikido, Maestro Ueshiba, praticava – e che ora la mia condizione è serena e pertanto non ho alcuna difficoltà a confrontarmi con qualsiasi religione o filosofia. Il mio proponimento è quindi di ricercare la strada dell’AIKI, che abbraccia tutto il cosmo.

Ho sottolineato il mio intendimento di non voler interferire con l’Aikikai d’Italia, dato il lungo tempo trascorso e considerato che vi è ora una consolidata direzione didattica italiana. Volevo però mostrare la mia disponibilità a collaborare con l’Aikikai d’Italia per lo studio e lo sviluppo dell’Aikido. Il mio Maestro mi ha risposto solamente che “ora non intervengo nelle questioni organizzative e neanche nei contenuti didattici, avendo lasciato a loro l’intera responsabilità”.

Mi preme qui chiarire soprattutto un punto. Nel 2008, quando scrissi la lettera con la quale annunciavo il mio ritorno al mondo dell’Aikido, ricevetti grande comprensione da tante persone. Mi accorsi anche però che non pochi si risentirono. Pur non frequentando abitualmente Internet, ebbi notizia di questa reazione e mi sono profondamente dispiaciuto. Vorrei qui precisare che avevo scritto nella mia lettera della mia intenzione di rivolgermi ai praticanti “oltre il terzo dan” non per escludere le cinture bianche, ma avendo presente il mandato che ricevetti dal secondo Doshu, Kisshomaru, quando venni in Italia, di completare la missione di formare gli insegnanti. Pensavo di dare consigli ai giovani istruttori oltre il terzo o quarto dan perché quando il mio Maestro aveva la mia età (56 anni) e io ricevetti il quarto dan (e mi fu anche permesso di fare lezione in Gessoji Dojo e in diverse università) i suoi movimenti, il taisabaki e le tecniche, erano precisi e velocissimi e ne rimasi molto affascinato, da giovane quarto dan, potendo apprendere tante tecniche professionali. In quel periodo il mio Maestro stava mettendo ordine nell’insegnamento del Maestro Ueshiba e diceva: “Il mio Maestro faceva così”, “Ōsensei proiettava così”…

Il mio Maestro era unito nel suo movimento al Maestro Ueshiba e così mi proiettava. I suoi movimenti erano scorrevoli e non troppo meditativi; era proprio la realizzazione della tecnica di budoka di Ueshiba Morihei. Dopo aver compiuto 60 anni mi disse: “Kurihara, da questo momento in poi cambio in movimenti più meditativi” e così ha cominciato a mostrare tecniche meno veloci, leggermente circolari.

In questi anni mi sono concentrato a risistemare i suoi insegnamenti e volevo trasmettere ai giovani aikidoka le variazioni delle tecniche: datanren a kinonagare e poi kigata no keiko; ciò richiede un un taisabaki più sottile, cambia il ma-ai (la distanza) e occorre quindi maggiore esperienza. Le tecniche base sono invece valide per tutti ed io sono sempre disponibile e desideroso di insegnarle a tutti i praticanti.

E’ importante tenere presente che Dojo significa il luogo dove si impara il modo di controllare la mente aggressiva; a tal fine bisogna armonizzare corpo e mente e, in questa condizione, bisogna eseguire le tecniche. A ciò sono finalizzate le tecniche base. La tecnica dell’Aikido, pertanto, non è adatta al combattimento. Ognuno deve praticare l’Aikido con questa consapevolezza e l’aikidoka che non si sforza di formare la propria personalità esce fuori strada, qualunque sia il suo grado.

Questa è la vera motivazione della mia disponibilità a collaborare con l’Aikikai d’Italia.

Vorrei ora portare a vostra conoscenza la lettera che ho inviato all’Aikikai d’Italia, a seguito dell’incontro con il mio Maestro, e la risposta che ho ricevuto dal Presidente dell’Aikikai d’Italia.

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